Lo spazio digitale costituisce oramai un aspetto fondamentale della vita moderna: a prescindere dalle tue origini e dalla tua professione, i dispositivi e i sistemi informatici sono talmente diffusi, che risulta impossibile uscire dai confini dell’odierno mondo tecnologico. Non si tratta però di un cambiamento fisso e immutabile, dal momento che con l’avanzare del progresso varia anche il modo in cui interagiamo con la rete. Ed è proprio su questa interazione che si concentrano gli sforzi degli sviluppatori, anche se non sempre ce ne accorgiamo.
La gamification o ludicizzazione costituisce l’insieme di quegli elementi che spingono gli utenti a continuare a usufruire di un servizio, che si tratti di un ambiente di gioco o di qualsiasi altro prodotto. Continua a leggere per capire cos'è la gamification e scoprire l’origine di questo fenomeno, le sue conseguenze e alcuni dei modi in cui viene applicato.
Come abbiamo anticipato, il termine gamification indica l’uso di concetti ed elementi dei giochi in sistemi di altro tipo. Proprio per la sua natura flessibile, può essere applicato al mondo dell’intrattenimento digitale e a settori che invece non hanno nulla a che fare con questo mercato.
Adesso che conosci il significato di ludicizzazione, diamo un’occhiata alle origini di questo fenomeno esplosivo. Il termine è stato coniato nel 2022 dal programmatore britannico Nick Pelling ma il concetto è molto più antico; nelle sue forme più semplici, la gamification prevede un sistema di ricompense per fidelizzare gli utenti e possiamo trovarne traccia già tra i documenti di oltre un secolo fa.
Una delle prime soluzioni di questo tipo è stata ideata dalla Sperry & Hutchinson (S&H), un’azienda fondata nel 1896 e specializzata in punti di rifornimento e supermercati. Consisteva nel regalare degli adesivi ai clienti quando spendevano una certa cifra, i quali potevano essere collezionati su degli album speciali e scambiati con dei premi. In questo modo, l’impresa ha creato una sorta di gioco che gli utenti trovavano divertente, spingendoli così ad acquistare nei suoi punti vendita.
Per quanto riguarda il mondo dei videogiochi, invece, la gamification ha trovato una delle sue prime applicazioni nei sistemi di gioco di ruolo e più nello specifico nei titoli in cui si saliva di livello, con traguardi che potevano assegnare nuove abilità, oggetti, decorazioni e molto altro. La vastità delle possibilità offerte dagli RPG ha contribuito con decisione all’espansione della gamification moderna che, nel corso del tempo, ha esplorato e testato nuove forme di fidelizzazione.
Come abbiamo visto, la gamification può assumere molte forme diverse, sia nell’industria del gioco che in altri settori. Alcuni dei metodi più moderni sono ben visibili nei titoli sviluppati per gli smartphone, come i giochi Android, in cui gli utenti spesso possono giocare gratuitamente ma con una quantità di energia limitata; per ottenerne altra e portare a termine più compiti, i giocatori superare il livello, senza smettere di utilizzare il gioco. Questa tecnica ha riscosso molto successo e ormai la ritroviamo in molti altri titoli, come quelli rappresentati dai giochi per dispositivi Mac.
Un altro tipico esempio di gamification è quello delle app per l’apprendimento delle lingue, come nel caso di Duolingo. Quando gli utenti imparano, il loro profilo sale di livello per attestarne il miglioramento, ricevono dei distintivi speciali, sbloccano corsi più complessi e possono confrontare i loro progressi con quelli degli altri.
E proprio dal mondo delle sfide, giunge uno degli usi più creativi della gamification, grazie alle app sportive come Strava. Queste possono infatti registrare i risultati per incentivare parenti e amici a mantenersi in forma, sfidandosi a vicenda. In questo caso, la gamification non si limita a offrire soluzioni divertenti ma contribuisce attivamente alla buona salute delle persone.
La gamification è una pratica talmente diffusa che potremmo continuare a elencare degli esempi per ore e ore. Per semplificare, potremmo dire che rientrano in questa categoria tutti i sistemi che si basano su una piattaforma di ricompense, le quali possono essere dei premi reali o degli elementi digitali che si limitano a offrire una sensazione di soddisfazione agli utenti.
Dal punto di vista degli sviluppatori, la gamification è uno strumento fondamentale per fidelizzare gli utenti: più si appassionano a un prodotto, più è probabile che continuino a utilizzarlo o che lo scelgano nuovamente in futuro, generando un guadagno maggiore per l’impresa. Trattandosi di una risorsa tanto utile, non ci sorprende il fatto che venga sempre più adottata e migliorata.
Dal punto di vista dei clienti, invece, la gamification viene apprezzata perché restituisce una parte dell’investimento in una forma gradevole. Ad esempio, i giocatori di titoli come Overwatch possono salire di livello nel tempo, ricevendo così degli elementi speciali come le skin per i personaggi; può sembrare poco, ma questa soluzione consente agli utenti di esprimersi in un modo che non sarebbe possibile se tutto fosse sbloccato fin dall’inizio.
La sensazione di soddisfazione offerta dalla gamification è ben evidente anche nell’esempio precedente sulle app sportive: i riconoscimenti ottenuti per i traguardi raggiunti non servono solo a mostrare le nostre imprese ai conoscenti ma anche a dimostrare a noi stessi ciò di cui siamo capaci. Quando inizi a correre, dieci chilometri possono sembrare una distanza immensa ma, una volta che li hai percorsi per cinquanta volte, puoi guardare indietro e sentire l’orgoglio per i progressi fatti.
La ludicizzazione serve inoltre a consolidare la relazione tra gli sviluppatori e gli utenti finali. Se viene applicata bene, consente di creare un sistema dall’enorme potenziale, aggiungendo una buona dose di personalizzazione a un’esperienza che, di per sé, sarebbe neutra.
La gamification è caratterizzata da cinque componenti fondamentali che ne determinano il successo: obiettivi chiari, regole e istruzioni comprensibili, interazione con gli utenti, una sfida e delle ricompense appropriate. L’assenza di uno di questi elementi può comportare il fallimento del progetto.
Prima di procedere con la gamification, uno sviluppatore deve studiare quali sono le necessità e le aspettative degli utenti che interagiranno con il suo prodotto, in modo da poterlo modificare per soddisfare le loro esigenze.
Potrebbe sembrare ovvio, ma non sempre le aziende seguono questo semplice e importante principio. Un esempio abbastanza famoso è quello della versione mobile di Dungeon Keeper. Questo gioco è stato lanciato sulla scia del successo della versione per PC ma gli sviluppatori hanno creato un sistema di gamification che si è rivelato un vero disastro: l’energia necessaria a completare le missioni era insufficiente, i progressi erano lenti e l’unico modo per potere giocare decentemente era pagare, nonostante fosse un titolo gratuito. Come si poteva immaginare, la reazione dei giocatori è stata negativa e da allora la reputazione di Dungeon Keeper ne ha risentito pesantemente.
Il rischio di applicare una pessima gamification, però, non riguarda solo il mondo dei videogiochi. Qualche anno fa, i giornali hanno riportato la notizia dell’esperimento che la Disney ha condotto nel servizio di lavanderia dei suoi parchi tematici. Il personale è stato inserito in una classifica di produttività che esponeva pubblicamente i lavoratori più lenti con l’obiettivo di velocizzare le loro attività; l’unico risultato ottenuto è stato quello di causare stress e umiliazioni agli impiegati, promuovendo pratiche poco igieniche.
La gamification, di per sé, non è un fenomeno positivo né negativo e il suo valore dipende dal modo in cui viene pianificata, applicata e usufruita dagli utenti. Se sviluppata bene, può aumentare notevolmente il rendimento di un progetto, un prodotto o un marchio, se elaborata male, può avere un effetto negativo su tutti i soggetti coinvolti nel processo. Tenuto conto di ciò, la gamification è destinata a ricoprire un ruolo sempre più importante nel nostro futuro digitale e in modi che probabilmente non riusciamo neanche a immaginare.